DEVO DIRTI QUALCOSA

Ricordo quel giorno come se fosse ieri, un momento che rimarrà per sempre impresso nella mia memoria e nel mio cuore. Era una giornata limpida, con un cielo azzurro senza nuvole, e una leggera brezza che faceva frusciare le foglie degli alberi intorno a noi. Eravamo nel nostro centro comunitario, circondati dai giovani che avevamo imparato a conoscere e amare come una seconda famiglia. Era un giorno speciale, un giorno in cui tutto sembrava perfetto.

Ti eri avvicinato a me con un sorriso che parlava più di mille parole. Nei tuoi occhi brillava una luce che non avevo mai visto prima, una luce di pura gioia e gratitudine. Mi prendesti per mano e, con un gesto dolce e sicuro, mi portasti fuori, verso il giardino che avevamo curato insieme con tanto amore.

Ho qualcosa da dirti“, avevi iniziato, la tua voce tremava leggermente per l’emozione. “Oggi è un giorno speciale, non solo per il centro, ma anche per noi. Voglio che tu sappia quanto sei importante per me, quanto hai cambiato la mia vita. Sei il mio rifugio, la mia forza, la mia ispirazione. E oggi voglio donarti la mia vita, completamente.

Quelle parole risuonarono dentro di me, riempiendo ogni angolo del mio essere di una felicità che non avevo mai conosciuto prima. Sentii le lacrime formarsi negli occhi, ma erano lacrime di pura gioia. Ti guardai negli occhi, profondamente colpita dalla sincerità e dall’amore che vedevo riflessi in essi.

Anche tu sei tutto per me“, risposi, la voce rotta dall’emozione. “Da quando ti ho incontrato, la mia vita ha preso un significato nuovo, un significato che non avrei mai immaginato. La tua presenza, il tuo amore, hanno riempito ogni vuoto dentro di me. Oggi, guardandoti negli occhi, tocco la felicità a piene mani. Non ho mai desiderato nulla di più di questo momento, di questo dono che mi fai.

In quel momento, ci abbracciammo stretti, sentendo i battiti dei nostri cuori sincronizzarsi. Era come se tutto il mondo fosse sparito, lasciandoci soli in un universo di pura beatitudine. La felicità che provavamo era tangibile, una presenza viva e vibrante che ci avvolgeva.

Quella riflessione, quel momento, fu una conferma della strada che avevamo scelto di percorrere insieme. Ogni sacrificio, ogni difficoltà affrontata, sembrava insignificante di fronte a quella felicità pura e autentica. Avevamo trovato la nostra casa l’uno nell’altra, un rifugio sicuro dove l’amore e la fede ci guidavano e ci sostenevano.

Mentre continuavamo a camminare insieme, affrontando le sfide della vita e del nostro impegno nel centro comunitario, sapevamo che la nostra forza risiedeva in quel legame indissolubile. Ogni giorno era un nuovo inizio, una nuova opportunità di vivere e crescere insieme, con la certezza che l’amore che ci univa avrebbe superato qualsiasi ostacolo. E così, con la felicità nel cuore e la speranza nell’anima, continuavamo a guardare avanti, pronti a costruire un futuro luminoso e pieno di amore. La tua vita, donata a me in quel giorno speciale, era il regalo più prezioso che avessi mai ricevuto, un dono che custodivo con gratitudine e amore infinito.

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UNA SENSAZIONE STRANA

Il tempo passava, e con ogni giorno che vivevamo insieme, sentivamo crescere dentro di noi una nuova consapevolezza. Il nostro legame, nato per caso e cementato dalla fede e dall’affetto reciproco, iniziava a rivelarsi come qualcosa di più grande, di più profondo. Avevamo trovato una forza l’uno nell’altra che ci spingeva a guardare oltre noi stessi, a considerare come potevamo mettere il nostro amore e le nostre esperienze al servizio degli altri.

Un giorno, durante una delle nostre lunghe passeggiate, iniziammo a parlare del futuro. Parlammo dei nostri sogni, delle nostre aspirazioni, e di come avremmo potuto fare la differenza nel mondo.

Sai“, dissi pensierosa, “ho sempre sentito che c’è una chiamata dentro di me. Qualcosa che mi spinge a dedicarmi agli altri, a fare qualcosa di significativo per chi ha bisogno.

Anche io ho questa sensazione“, rispondesti, stringendo la mia mano. “La musica è sempre stata il mio rifugio, ma sento che potrei usare questo dono per qualcosa di più grande. Forse possiamo trovare un modo per unire le nostre passioni e fare del bene insieme.

Quelle parole piantarono un seme nei nostri cuori, un’idea che iniziò a germogliare e a prendere forma. Decidemmo di dedicarci a un progetto comune: aprire un centro comunitario dove i giovani potessero trovare sostegno, ispirazione e una guida. Un luogo dove potessero esprimersi attraverso la musica, l’arte e la fede, trovando una famiglia allargata pronta ad accoglierli.

Era una scelta audace, una decisione che molti attorno a noi trovavano difficile da accettare. I nostri amici e le nostre famiglie ci guardavano con scetticismo, preoccupati che stessimo rinunciando a carriere promettenti e a una vita più stabile per inseguire un sogno incerto.

Siete davvero sicuri di voler fare questo?“, ci chiedevano. “Non è una scelta facile. Ci saranno tante difficoltà e sacrifici da affrontare.

Ma noi non ci lasciammo scoraggiare. La nostra fede ci dava la forza di credere che, nonostante le sfide, stavamo seguendo la strada giusta. Sentivamo che l’Amore, quello con la ‘A’ maiuscola, ci accompagnava e ci guidava verso questa missione.

Iniziammo a lavorare sodo, cercando finanziamenti, trovando un luogo adatto e coinvolgendo altre persone che condividevano la nostra visione. Non fu facile. Ci furono momenti di dubbio e sconforto, notti insonni passate a discutere e a pianificare. Ma ogni volta che le difficoltà sembravano insormontabili, trovavamo conforto nel nostro legame e nella fede che ci aveva uniti.

Finalmente, dopo mesi di duro lavoro, riuscimmo ad aprire il nostro centro comunitario. Fu un giorno di grande gioia, ma anche di timore. Eravamo consapevoli che il vero lavoro iniziava proprio allora.

I primi giovani che varcarono la soglia del nostro centro arrivarono con occhi pieni di speranza e di paura. Li accogliemmo con calore, offrendo loro un luogo sicuro dove poter essere se stessi, dove poter scoprire e coltivare i loro talenti. Ogni sorriso, ogni progresso, era una conferma che avevamo fatto la scelta giusta.

La musica e l’arte divennero strumenti potenti per comunicare e guarire. Organizzammo laboratori, concerti, serate di lettura e momenti di preghiera condivisa. Il centro iniziò a fiorire, diventando un faro di speranza per tanti giovani che trovavano in esso un rifugio e una famiglia.

Tanta strada ancora c’è da fare, e ogni giorno porta nuove sfide e nuove opportunità. Ma non ci lasciamo scoraggiare. Sappiamo che non siamo soli in questo cammino, che l’Amore ci guida e ci sostiene. E così, continuiamo a camminare insieme, mano nella mano, con la certezza che il nostro viaggio, per quanto difficile, è pieno di significato e di bellezza. Abbiamo scelto di vivere non solo per noi stessi, ma per gli altri, con il cuore aperto e la speranza di fare del mondo un posto un po’ migliore.

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INCREDIBILE

Era una giornata d’autunno, una di quelle in cui il cielo è di un azzurro così intenso da sembrare irreale, e le foglie degli alberi tingono il paesaggio di sfumature dorate e rosse. Decidemmo di fare una gita fuori città, verso una valle che avevi scoperto durante uno dei tuoi vagabondaggi solitari. Mi avevi parlato di quel luogo come di un angolo di paradiso, un rifugio perfetto per chi cerca pace e bellezza.

Camminammo a lungo, seguendo un sentiero che serpeggiava tra colline dolci e prati infiniti. L’aria era fresca e frizzante, riempiendo i polmoni di una vitalità nuova. Ogni passo ci avvicinava a quel luogo speciale che avevi descritto con tanta passione. E finalmente, arrivammo.

Davanti a noi si apriva una vista mozzafiato: una vallata verdeggiante, incorniciata da montagne maestose, con un ruscello che serpeggiava dolcemente al centro. Era come essere entrati in un quadro, un’opera d’arte vivente creata dalle mani del Creatore. Ci sedemmo su una roccia piatta, immersi nel silenzio e nella bellezza di quel paesaggio arcaico.

Per un lungo momento, restammo in silenzio, contemplando l’infinita bellezza della creazione. Era come se il mondo intero si fosse fermato, lasciandoci soli con i nostri pensieri e con la natura intorno a noi. Sentii una pace profonda, una sensazione di appartenenza che raramente avevo provato prima. Accanto a te, tutto sembrava più chiaro, più semplice.

È incredibile“, sussurrai, rompendo il silenzio. “Qui si sente davvero la presenza di qualcosa di più grande, qualcosa di eterno.

“, rispondesti con un sorriso sereno. “È come se questo luogo ci ricordasse quanto siamo piccoli e quanto è grande il mondo. Ma allo stesso tempo, ci fa sentire parte di qualcosa di meraviglioso.

Mentre parlavamo, mi accorsi di quanto fossimo simili. Nonostante le nostre esperienze diverse, i nostri cuori battevano all’unisono, mossi dallo stesso amore per la bellezza del mondo e dalla stessa ricerca di significato. Le parole fluirono facilmente, come se avessimo sempre saputo cosa dire l’uno all’altra.

E poi, in un gesto naturale e spontaneo, le nostre mani si intrecciarono. Fu un momento di pura magia, in cui sentii la tua vicinanza in modo tangibile. Non era solo la stretta fisica delle mani, ma un incontro di anime, un riconoscimento silenzioso di quanto eravamo diventati importanti l’uno per l’altra.

Grazie“, dissi semplicemente, guardandoti negli occhi. “Grazie per essere qui, per essere te stesso.

Grazie a te“, rispondesti, stringendo leggermente la mia mano. “Non avrei mai immaginato di trovare qualcuno con cui condividere tutto questo. Mi fai sentire completo.

La solitudine che avevamo conosciuto, quella sensazione di essere sempre alla ricerca di qualcosa di indefinibile, svanì in quel momento. Ci scoprimmo simili, non solo nelle nostre passioni e nelle nostre fedi, ma anche nelle nostre fragilità e nei nostri desideri più profondi. Sentimmo i nostri cuori cantare all’unisono, un coro silenzioso di speranza e gioia. Restammo lì, immersi nella contemplazione della creazione, le mani intrecciate e i cuori leggeri. Quel giorno, quel luogo, segnò una nuova tappa nel nostro cammino. Non eravamo più solo amici; eravamo anime affini, unite da un legame indissolubile. E mentre il sole tramontava, tingendo il cielo di sfumature calde, sapevamo che la nostra storia era solo all’inizio, un viaggio che avremmo intrapreso insieme, mano nella mano, con la certezza di non essere mai più soli.

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CONFORTO E GUIDA

Nelle settimane che seguirono, scoprimmo un’altra sorprendente connessione che ci univa: la nostra fede. Era un argomento che non avevamo mai esplorato nelle nostre conversazioni iniziali, ma che emerse naturalmente una sera mentre passeggiavamo lungo il fiume.

Non so se te l’ho mai detto“, iniziasti, “ma la musica non è l’unica cosa che mi dà forza. La mia fede è stata un faro nella mia vita, qualcosa che mi ha aiutato a trovare speranza anche nei momenti più bui.

Sorrisi, sentendo una familiarità in quelle parole. “Anche per me”, risposi. “La fede ha sempre avuto un ruolo centrale nella mia vita. È stata una fonte di conforto e guida, soprattutto nei momenti di incertezza.

Condividere questo aspetto così personale e profondo delle nostre vite aggiunse un nuovo livello alla nostra amicizia. Scoprimmo che, nonostante le nostre esperienze di vita fossero diverse, trovavamo entrambi un grande sostegno nelle cose di Dio. Le nostre conversazioni si arricchirono di riflessioni spirituali, di domande esistenziali, di una ricerca comune di significato e di scopo.

Una domenica mattina, decidemmo di andare insieme a una piccola chiesa in campagna. Era un luogo semplice, ma pieno di pace e serenità. Durante la messa, sentivo la presenza del divino avvolgerci, come se fosse un abbraccio invisibile che ci univa ancora di più. Gli inni risuonavano nell’aria, e sentivo la tua voce unirsi al coro, forte e sincera.

Dopo la messa, ci sedemmo sotto un grande albero di quercia nel cortile della chiesa, godendoci la tranquillità del momento. Parlammo delle nostre esperienze di fede, delle preghiere che ci avevano dato conforto, dei miracoli quotidiani che ci facevano sentire grati.

La fede mi ha sempre dato la forza di andare avanti“, dissi. “Anche quando tutto sembrava perduto, sentivo che non ero mai davvero sola.

È lo stesso per me“, rispondesti, con un sorriso che irradiava pace. “Sapere che c’è qualcosa di più grande di noi, qualcosa che ci guida e ci protegge, mi ha sempre dato speranza.

Questi momenti condivisi rafforzarono ulteriormente il nostro legame. La fede diventò un ponte tra le nostre anime, un terreno comune su cui costruire la nostra amicizia. Ogni volta che ci sentivamo persi o confusi, sapevamo di poter contare l’uno sull’altro e sul nostro comune amore per le cose di Dio.

Le nostre vite, pur seguendo percorsi diversi, sembravano ora intrecciate da un filo invisibile di destino e fede. Non era solo il caso ad averci uniti, ma una forza superiore che ci aveva messo sullo stesso cammino. Questo ci dava una certezza nuova, una consapevolezza che non eravamo mai davvero soli. E così, continuavamo a camminare insieme, due anime in cerca di verità e significato, trovando nella nostra amicizia e nella nostra fede la forza per affrontare ogni sfida. Insieme, scoprimmo che la vita, con tutte le sue complessità e incertezze, poteva essere un viaggio straordinario, illuminato dall’amore per Dio e dall’affetto sincero di un vero amico.

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PUNTI DI RIFERIMENTO

Le nostre conversazioni, che inizialmente erano leggere come l’aria estiva, iniziarono a esplorare territori più profondi, più personali. Una sera, mentre il sole tramontava, tingendo il cielo di colori caldi e dorati, ti sei aperto come mai avevi fatto prima.

Seduti su una collina che dominava la città, hai iniziato a raccontarmi la tua storia. Mi hai parlato di un’infanzia segnata dall’assenza di un padre che non avevi mai conosciuto e di una madre troppo giovane per capire come prendersi cura di un bambino. Mi hai descritto la tua solitudine, la sensazione di essere sempre fuori posto, di non appartenere a nessun luogo.

È stato difficile“, hai detto con voce sommessa, lo sguardo perso all’orizzonte. “Crescere senza punti di riferimento, senza qualcuno che ti guidi. Mi sono sempre sentito come un pezzo mancante di un puzzle che non riesco a completare.

Il tuo racconto mi toccò profondamente. Sentivo la tua sofferenza, la tua lotta per trovare un senso in un mondo che ti sembrava così alieno. Eppure, c’era anche una forza straordinaria in te, una determinazione a non arrenderti, a cercare una via per superare il dolore.

Quando ho scoperto la musica, è stato come trovare una parte di me che era sempre mancata“, hai continuato, mentre un sorriso triste affiorava sulle labbra. “È diventata il mio rifugio, il mio modo di dare voce a ciò che non riuscivo a esprimere a parole.

Quella sera, mentre ascoltavo il tuo racconto, mi resi conto di quanto fossi coraggioso. Non solo per aver affrontato una vita così difficile, ma per aver scelto di condividerla con me. Non cercavi pietà o compassione, ma semplicemente comprensione. E in quel momento, sentii un legame ancora più forte con te.

Anch’io ho avuto i miei momenti difficili“, ti confidai. “La sensazione di non essere mai abbastanza, di non trovare il mio posto nel mondo. Ma ascoltandoti, mi rendo conto che non siamo poi così diversi. Abbiamo entrambi cercato di trovare il nostro cammino, di costruire la nostra identità.

Le nostre serate continuarono così, fatte di racconti e confidenze, di risate e silenzi condivisi. Ogni parola scambiata aggiungeva un tassello al mosaico della nostra amicizia, rendendolo sempre più complesso e prezioso. Scoprire la tua storia mi aveva aiutato a comprendere meglio anche la mia, a vedere le nostre vite intrecciarsi in un modo che sembrava destinato.

Grazie per fidarti di me“, ti dissi una sera, mentre le stelle brillavano sopra di noi. “La tua storia mi ha toccata profondamente. Spero che tu sappia quanto sei speciale.

E tu“, mi rispondesti, guardandomi con quegli occhi che sembravano leggere dentro di me, “sei la prima persona con cui mi sono sentito davvero libero di essere me stesso. Grazie a te, sto iniziando a trovare la mia strada.

In quel momento, compresi che avevamo trovato qualcosa di raro e prezioso: un’amicizia vera, basata sulla fiducia e sulla comprensione reciproca. Continuammo a camminare insieme, sostenendoci a vicenda nelle nostre rispettive ricerche di identità, consapevoli che, nonostante tutte le difficoltà, avevamo trovato un rifugio sicuro l’uno nell’altra. E così, con il cuore leggero e la speranza nel futuro, ci avventurammo in avanti, due anime che, incontrandosi, avevano trovato una nuova forza e un nuovo scopo.

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Capitolo 13 …DILLO CON LE CANZONI!

Con le parole di alcune canzoni di Adriano Celentano, in un’altra lettera, Giuliana gli scrive: “Chi riesce a capirmi, ma non del tutto. C’è qualcosa che non va… E questo è un guaio, perché mi accorgo che, mentre comprendo quel qualcosa cos’è, il cuore mi dice che già son cotto di te. Anche se è chiaro ormai quel che tu non sai. Non sai conoscere più quel che si deve e si può amare. Se ogni cosa che vuoi la puoi avere quando vuoi e presto. Un pò per volta.”

“L’amore che ci unisce non è fatto solo di noi due. La nostra splendida storia d’amore soffocherà senza accorgersi.”

“Tu che illumini le Stelle e che ogni cosa puoi.”

“È una musica esplosiva, mi scoppiò dentro nel cuore. Questa musica esplosiva, che portava un’aria nuova. Io sono quello che tu sei sempre stato dal giorno che sei nato”.

“E se il prezzo della libertà è di stare soli, ci si sta. Soli, anche se penso ancora a te”.

“Discussioni a parte, una strada c’è. Prova a tirarti su, prova ad uscire un pò. Prova qualcosa in più. Prova a non dire di no. La notte ti ispirerà. Poi domani è festa e sarà quel che sarà”.

“Non so cos’hai, però mi attrai. Io no, non dovrei, ma tu, tu mi attrai. Tu invece mi dai solo un gioco di sguardi che va avanti da un pò. Per tenermi lontano da te ci vorrebbe una meglio di me, ma sul tetto della fantasia, sei la gatta più bella che c’è”.

“Ehi, dimmi chi sei. Io non so più cosa fare e da che parte girare. Ho capito che tra noi c’è del tenero di già, sono già rimba”.

Avrà forse voluto dire qualcosa Giuliana?!

Ad ogni modo, Gerardo ha notato che si trattava di citazioni di canzoni tutte tratte dall’album “La  pubblica ottusità” di Adriano Celentano.

gp – to be continued

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Capitolo 12 …QUESTO SONO IO!

Qualche tempo dopo, Gerardo riceve una telefonata da Patrizia: “Mi sono messa con Umberto”. E gli vengono in mente le parole del Saba che ha studiato: “Umberto, perché senza alcun diletto tu consumi la vita. E par nasconda un mistero o un segreto ogni tuo detto.” Ad ogni modo, Gerardo è sinceramente contento per lei.

Arriva il momento, ad ottobre, di sostenere il colloquio attitudinale presso la facoltà teologica. “Hai una personalità che ha dei momenti in cui è entusiasta, altri in cui è aggressiva, altri ancora in cui preferisce o sente il bisogno di stare sola per pensare, riflettere, meditare. Tutto questo con improvvisi cambiamenti di umore. La morte di tuo padre ti ha colpito da piccolo e qualche anno fa ne hai sentito forte la mancanza.” Tutto questo è stato detto a Gerardo a partire dal disegno di un albero, una margherita, un uomo e una donna, cinque aggettivi per l’uno e per l’altra, tre colori e una firma.

Ritornando a casa sente il bisogno di avere qualcuno accanto a sé. Si sdraia accanto alla sorellina che dormiva. Non pensava che si potesse contemplare una bambina. Adesso lo sa. E pensa a Veronica e a Patrizia.

E’ passato poco più di un mese da quando Gerardo ha iniziato a frequentare l’università. Un giorno incontra Patrizia e lei gli condivide alcune cose della sua vita spirituale. Le è sembrato strano, si notava. Prima di lasciarsi, Patrizia gli ha regalato un libro, “L’arte di amare” di Erich Fromm. Del tutto inattesa è stata la lettera che Gerardo ha ricevuto da parte di Armando, un giovane della parrocchia, nella quale scrive: “Nel corso del cammino che hai intrapreso, sei riuscito ad essere così attento a tutto. Sei uno che riesce a cogliere il significato di qualsiasi cosa che ti succede, riuscendoci a capire nei più svariati stati d’animo. Consapevole di questo, sfrutti benissimo i talenti che conosci. Sei molto forte, soprattutto nella tua intima preghiera.”

gp – to be continued

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Capitolo 7: …IL BANDOLO DELLA MATASSA!

Ma che domenica bestiale…è la domenica di aprile che Gerardo trascorre con alcuni parenti! Li ha rivisti dopo molto tempo: Angela, Luisa, Eugenio, Marco, Benedetta, Dario, Giovanna, Ignazio, Aurelio, Paola e poi Paride, la zia Chiara e il suo nonno paterno. Le situazioni sono sempre le stesse, o quasi. Marco, sempre preso dai suoi problemi, dei quali ne ha fatto il centro e lo scopo della sua vita. Luisa, buona donna di casa, continua sempre a saperci fare con lui e con i bambini. Di essi Paola, che ormai comincia ad intendere la vita familiare, si sente sola, pur avendo due fratelli, che però, essendo più piccoli di lei, sono più coccolati e l’attenzione ricade più su di loro. Angela, malgrado le sue innumerevoli sofferenze, continua ad andare avanti. Ed ora si è anche avvicinata maggiormente al Signore, l’unico che la ristora dai suoi problemi. Eugenio non cambierà mai, anche se Gerardo continua a sperarci, il suo comportamento è incomprensibile. Sembrava allegro e partecipe, ma d’un tratto se n’è andato senza neanche mangiare e salutare tutti. Dario ormai comincia ad essere grande, a fare i conti con realtà sempre più diverse ed esperienze contrastanti che lo fanno entrare in crisi. E’ lui che ha chiesto anche un consiglio a Gerardo…credo sia quello tra i figli che più di tutti sia sensibile alla situazione familiare, anche se non lo dà a vedere. Benedetta ci ha fatto le ossa a questa situazione e le cose le capisce meglio e più a fondo. Giovanna è ancora bambina, anche se si atteggia a grande. In tutto questo e di tutto questo il nonno ne soffre parecchio. Paride è alla continua ricerca di una situazione sentimentale sulla quale costruire il suo futuro. E la zia Chiara è instancabile…saggia donna.

Dopo tutto questo Gerardo ha una voglia irrefrenabile di rivedere Patrizia, anche solo per un istante, anche in silenzio. Avrebbe da dirle molte più cose di tante parole gettate al vento.

E dopo qualche giorno, questo desiderio si realizza. Finalmente Patrizia è tornata, e con Gerardo si sono risentiti e rivisti. Hanno trascorso un pò di tempo insieme, da soli, per fare una bella chiacchierata e raccontarsi tantissime cose.

Non l’avevano mai fatto così a lungo, è stato bello, costruttivo e interessante. Hanno scoperto, ma già lo sapevano, che sono diversi. Lei si considera sempre più “schifosa” e pentita dei comportamenti assunti in determinate situazioni… ma poi, “se certe pazzie non si fanno ora, quando le dobbiamo fare?”. Però, la vita “pazza” che conduce le ha fatto venire una specie di collasso. La fa stare male fisicamente. Intanto, Gerardo ha terminato il primo capitolo della tesi su Saba.

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Capitolo 6: …WE ARE FAMILY!?

Dopo neanche una settimana, a Gerardo giunge una nuova lettera di Patrizia, in cui, tra le altre cose, scrive: “Non dobbiamo pretendere di cambiare una persona amata, sarebbe un ingiusto diritto, ma occorre saperla accettare totalmente per quello che è in realtà, anche se questa sua realtà potrebbe essere molteplice. E gli elementi di questa molteplicità non tutti positivi. Tuttavia possiamo consigliare la persona amata e aiutarla, indirizzarla alle scelte per lei più giuste, sorreggerla, senza però mai entrare, anzi invadere la sua vita. Lasciandole quella libertà sufficiente per compiere le scelte giuste, facendole capire che libertà non è fare ciò che si vuole, ma fare ciò che si deve fare, la volontà di Dio.

Poco fa pensavo ai bambini che vorrei avere…3, 4… Chissà se un giorno davvero potrò! Tutto questo filosofico discorso mi ha fatto venire in mente il nostro futuro. E quindi anche te, mio dolcissimo amico che stai leggendo. Spero davvero che ambedue potremo realizzarci come desideriamo, anche se sono sicura che saranno molteplici gli ostacoli che incontreremo. È anche probabile che molti dei nostri sogni andranno in frantumi. Stai tranquillo comunque, che ti sprono sempre a proseguire e a non arrenderti. E spero che anche tu farai lo stesso con me. Anzi, ne sono sicura. Bacetti, Patrizia.”

I silenzi in famiglia, di cui si diceva prima, vengono interrotti un giorno durante un pranzo. Infatti, Gerardo dona al marito di sua madre una riflessione sulla pagina del Vangelo di Matteo, in cui si dice che bisogna perdonare 70 volte 7. Da questo ne è nato un discorso, anzi un monologo, da parte di questa persona, sulle scelte di vita, sul fatto che deve essere vissuta e cose varie sul comportamento di Gerardo in famiglia e sulle sue scelte future. Poi ha condannato Gerardo per un modo di essere troppo diverso da tanti altri ragazzi della sua età. “Frequenti solo persone per bene, educate. Devi conoscere pure i “cani i bancata”. (in siciliano si dice di quei cani che si aggirano nei mercati rifugiandosi sotto ai banconi per nutrirsi di ciò che cade, degli avanzi, degli scarti. E che, in siciliano, simboleggiano esseri corrotti, approfittatori, parassiti in attesa di carne fresca.)  Stai attento Gerardo, che quando poi rompo con qualcuno non ci può più niente. Se è carne è carne, se ossa è ossa!” Così, concludeva Nicola. Andandosene subito dopo, senza dire più niente. Ma che significa?

E’ domenica mattina, e Gerardo si reca con Patrizia a trovare Pietro. Quando poi si salutano, Gerardo si convince sempre più che le vuole immensamente bene. E si rincuora quando avverte che anche per lei è così.

Durante il pranzo in famiglia, Gerardo fa vedere a sua madre il dépliant della giornata pro-seminario. “Ma che c’entri qui? Se c’è Patrizia che ti ama!”, è stata la sua reazione.

E Gerardo è stato scelto per le missioni popolari in parrocchia. Questa cosa non è andata a genio a sua madre. “E tu quando è ora di chiesa, di riunioni eccetera, sei sempre disponibile, quando invece ti chiedo qualcosa io…” Purtroppo è anche vero che a casa per ora è come se fosse un fantasma. Torna da scuola e dopo pranzo comincia a studiare. Termina lo studio ed una sera le riunioni per il lavoro di ragioneria, adesso le missioni. Ed ora si avvicina la settimana Santa. E poi venerdì è il primo anniversario di matrimonio. Lunedì notte ha fatto un sogno stranissimo. Patrizia moriva di varicella. Strana strada grigia lucida, affiancata da fiori altissimi. Maestoso tempio stile egiziano dove riponevano la salma di Patrizia. Gerardo si alza col cuore in gola e nel pomeriggio telefona a Patrizia per raccontarle il sogno… non l’avesse mai fatto! Con l’occasione, Patrizie affida a Gerardo il compito di tagliarsi i capelli a spazzola con il gel!

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Capitolo 5: …TU CHIAMALE, SE VUOI, CONFUSIONI!

E arriva il compleanno di Patrizia. Gerardo le compra una rosa bianca e gliela porta a casa, dove trascorre un pomeriggio alquanto monotono in compagnia di alcuni amici. Ma Patrizia è triste…perché? Inoltre nei prossimi giorni il parroco presenterà Gerardo al cardinale in occasione della celebrazione delle cresime in parrocchia, e questo crea un certo nervosismo.

Ed è arrivato il giorno in cui Gerardo ha servito durante la celebrazione dell’Eucaristia presieduta dal cardinale. Finita la messa, Gerardo, il parroco e il cardinale si sono appartati in una stanza. Il parroco è andato subito al sodo: “Gerardo a ottobre vorrebbe entrare in seminario”. Il cardinale gli ha preso la mano e, stringendola forte, gli ha posto dinanzi le gioie, ma anche le tante difficoltà che si incontrano in una scelta del genere. Passati circa 10 minuti e preso in considerazione anche il problema della famiglia, si sono congedati con molta tranquillità. Più in avanti il parroco  presenterà Gerardo anche al rettore del seminario.

Ma la vita continua, e arriva il momento di festeggiare il diciassettesimo compleanno di Veronica. Si va a mangiare una pizza con i soliti della parrocchia:. Laura, Marcella, Nuccio, Salvo con la ragazza, Daniele, Massimo. Marcella sta per tutto il tempo con Gerardo, e la cosa gli dà fastidio… Poco prima di uscire Gerardo telefona a Patrizia…è molto strana, molto…non capisce cosa abbia. Risate abbondanti e frivole non permettono di parlare seriamente. Poi Patrizia richiama Gerardo per scusarsi del comportamento di prima. Ma è altrettanto strana, forse più di prima. E a sorpresa arrivano a casa di Gerardo,  Valeria, Enzo, Daniela, Massimo, Nino, Peppe, Luigi e Antonello. E si trascorre una bella serata, scherzando e cantando.

Sono davvero tanti i pensieri che in questo momento appesantiscono Gerardo, così tanti che non riesce neanche a distinguerli. Un groviglio di cose, parole, persone, fatti, situazioni, preghiere, canzoni e chi più ne ha più ne metta… che confusione! Ciò che lo infastidisce maggiormente, però, è che questa situazione si ripercuote nel suo comportamento con gli altri. E magari non c’entrano niente…  e per causa sua si preoccupano. In modo particolare, in famiglia con il suo modo di essere, Gerardo non crea certo un’atmosfera rilassante, tranquilla, ma tesa, a volte cupa, piena di silenzi. Che familiarità! Le ultime due notti non sono state tra le migliori. Ha dormito male. Ha fatto sogni stranissimi. Sogni di baci interminabili con Patrizia, di mani gelide di Marcella. Di situazioni imbarazzanti davanti al cardinale, e così via. E le seduzioni dall’esterno non mancano. E non siamo fatti di legno!

Trascorsa un’altra settimana, il sabato Gerardo va in pizzeria con alcuni amici, e fra gli altri, c’è anche Marcella. Con Marcella è’ stata la stessa storia e Gerardo si rende conto che era lei davvero che gli si gettava addosso. Poi in macchina è capitato che lei gli abbia preso la mano, ma Gerardo l’ha quasi subito rilasciata. Comunque, Marcella è stata bene e si è divertita; infatti, a quanto dice Valeria, non facilmente Marcella si diverte se non trova una buona compagnia.

Ritornando a casa, Gerardo trova una lettera di Patrizia, nella quale gli dice di essere andata a parlare con un prete: “Questo prete è una grazia di Dio, una persona stupenda come nessuno. Mi conosce bene, mi capisce subito senza che io gli dico una parola. Oggi, durante la nostra lunga chiacchierata, mi ha definito così: una persona intelligente, sensibile, accorta e giudiziosa. Dopo mi sentivo bene e anche adesso mi sento bene. Patrizia.”

GP – TO BE CONTINUED